Whistleblowing

Il whistleblowing è il principale strumento di compliance aziendale, tramite il quale dipendenti ma anche clienti o fornitori di un’azienda, possono segnalare, in modalità riservata e protetta, eventuali illeciti di cui sono venuti a conoscenza nell’esercizio delle proprie funzioni.
Whistleblowing, letteralmente “soffiare nel fischietto”, rappresenta così una metafora del ruolo di arbitro o di poliziotto rivestito da chi chiede di porre maggiore attenzione sulle attività non consentite, illegali, proibite, affinché vengano interrotte e punite.
Nello specifico tale strumento abilita, chi interessato, a segnalare una violazionedi disposizioni normative nazionali o dell’unione europea che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, di cui siano venute a conoscenza in un contesto pubblico o privato” (art. 1 comma 1 del D.lgs. 24/2023).

In Italia, il primo tentativo di regolamentazione pubblica di questo sistema innovativo si è avuto con l’introduzione della Legge 90/2012 Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione” (c.d Legge Anticorruzione).
In seguito è stata la Legge 179/2017  la quale ha esteso, in parte, al settore privato un generale obbligo per le PA di dotarsi di sistemi di prevenzione alla corruzione, tra cui figuravano i primi meccanismi di whistleblowing.
Sulla base di questa legge, si è successivamente sviluppata una connessione con il D.lgs. n. 231/2001 e conseguentemente con il modello organizzativo 231 che raccoglie l’insieme di regolamenti e procedure che indicano alle aziende come devono essere organizzate al fine di gestire i relativi processi interni in una prospettiva di legalità, trasparenza, correttezza, tutela e rispetto.
Da ultimo, il passo in avanti è stato compiuto con il D.lgs. 24/2023 grazie al quale l’Italia ha recepito la direttiva UE 2019/1937 sul whistleblowing con l’obbiettivo di offrire un alto livello di protezione nei confronti dei soggetti che effettuano le segnalazioni.

Come già sottolineato sopra, tale strumento consente di segnalare violazione di leggi e regolamenti, reati e casi di corruzione o frode, oltre a situazioni di pericolo per la salute e sicurezza pubblica.
In particolare si distinguono due tipologie di Whistleblowing:
-interno: comporta lo sfruttamento di specifici canali interni usufruibili dai lavoratori o da terze parti di un’organizzazione (pubblica o privata) i quali possono segnalare le condotte illecite o fraudolente di cui siano venuti a conoscenza;
-esterno: la segnalazione viene fatta all’autorità giudiziaria, ai media o alle associazioni ed enti competenti.
È  interessante evidenziare che chi si avvale del whistleblowing esterno solitamente lo fa per assenza di fiducia nei confronti della propria azienda poiché quest’ultima non sempre garantisce un sistema di whistleblowing sicuro e tutelante; oppure perché non può proprio disporne, per insufficienza di mezzi e risorse.
Naturalmente, affinché un sistema di Whistleblowing sia davvero valido è fondamentale che risulti radicato su tutti i livelli dell’organigramma aziendale.
Diviene così prerogativa irrinunciabile quella di garantire a tutti gli utenti la possibilità di accedere al sistema in modo semplice e veloce.
Non meno importante è assicurare la tempestività dell’intervento a fronte di una segnalazione, tanto per infondere fiducia nel “WHISTLEBLOWER” quanto per il bene dell’azienda stessa.

I soggetti legittimati a presentare le segnalazioni secondo Il Decreto legislativo n. 24/2023 sono i seguenti:

    • dipendenti pubblici;
    • lavoratori subordinati di soggetti del settore privato;
    • lavoratori autonomi che svolgono la propria attività lavorativa presso soggetti del settore pubblico o privato;
    • lavoratori o collaboratori che svolgono la propria attività presso soggetti del settore pubblico o privato che forniscono beni o servizi o che realizzano opere in favore di terzi;
    • liberi professionisti e consulenti che prestano la propria attività presso soggetti del settore pubblico o privato;
    • volontari e tirocinanti, retribuiti e non retribuiti, che prestano la propria attività presso soggetti del settore pubblico o privato;
    • azionisti e persone con funzioni di amministrazione, direzione, controllo, vigilanza o rappresentanza, anche qualora tali funzioni siano esercitate in via di mero fatto, presso soggetti del settore pubblico o privato.

Ciò che rileva, dunque, è l’esistenza di una relazione tra il segnalante ed il soggetto pubblico o privato nel quale il primo opera, che può riguardare attività lavorative o professionali presenti o anche passate.
È possibile, infatti, segnalare: (i) quando il rapporto giuridico è in corso; (ii) quando il rapporto giuridico non è ancora iniziato, se le informazioni sulle violazioni sono state acquisite durante il processo di selezione o in altre fasi precontrattuali; (iii) durante il periodo di prova; (iv) successivamente allo scioglimento del rapporto giuridico, se le informazioni sulle violazioni sono state acquisite nel corso del rapporto stesso.

L’oggetto della segnalazione può riguardare:

– illeciti amministrativi, contabili, civili  o penali;
-condotte illecite rilevanti ai sensi del decreto legislativo 231/2001 o violazione dei modelli di organizzazione e gestione;
– illeciti che rientrano nell’ambito di applicazione degli atti dell’unione europea o nazionali relativi ai seguenti settori: appalti pubblici, servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, sicurezza e conformità dei prodotti, sicurezza dei trasporti, tutela dell’ambiente, radioprotezione e sicurezza nucleare; sicurezza nucleare, sicurezza degli alimenti e dei mangimi e salute e benessere degli animali, salute pubblica, protezione dei consumatori, tutela della vita privata e protezione dei dati personali e sicurezza delle reti e dei sistemi informativi;
– atti od omissioni che ledono gli interessi finanziari dell’Unione;
– atti od omissioni riguardanti il mercato interno;
– atti o comportamenti che vanificano l’oggetto o la finalità delle disposizioni di cui agli atti dell’Unione.

Da ultimo dobbiamo anche chiederci quali sono i canali che permettono di veicolare la segnalazione e le sanzioni potenzialmente applicabili.
I canali di segnalazione sono:

-interno (nell’ambito del contesto lavorativo);
-esterno (A.N.A.C.);
-divulgazione pubblica (stampa, mezzi elettronici o mezzi di diffusione in grado di raggiungere un numero elevato di persone);
-denuncia all’autorità giudiziaria o contabile.
Le segnalazioni devono essere effettuate nell’interesse pubblico o nell’interesse all’integrità del amministrazione pubblica o dell’ente privato.
I motivi che hanno indotto la persona a segnalare, denunciare, divulgare pubblicamente sono irrilevanti ai fini della sua protezione.
Per tale ragione devono inoltre essere rispettati due criteri essenziali:
A) ragionevolezza: al momento della segnalazione o della denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o della divulgazione pubblica, la persona segnalante o denunciante deve avere un ragionevole e fondato motivo di ritenere che le informazioni alla base siano vere e rientrino nella normativa di settore;
B) modalità: la segnalazione o divulgazione pubblica deve essere effettuata rispettando i canali previsti (interno esterno e divulgazione pubblica).

Tra i canali di segnalazione, quello che merita un breve cenno è quello gestito da ANAC. Questa deve effettuare una serie di adempimenti preliminari alla comunicazione della segnalazione, quali:
-dare avviso alla persona segnalante del ricevimento della segnalazione entro 7 giorni dal suo ricevimento;
-mantenere le interlocuzioni con la persona segnalante;
-svolgere l’istruttoria necessaria a dare seguito alla segnalazione;
-comunicare alla persona segnalante l’esito della segnalazione.

In conclusione, di spiccata rilevanza sono le sanzioni amministrative pecuniarie, previste dal decreto 24/2023, all’articolo 21 applicabili da ANAC.
In particolare sono previste sanzioni:
-da 10 mila a 50 mila euro quando vengono accertate ritorsioni, oppure la segnalazione è ostacolata (o si è tentato di farlo) oppure quando viene violato l’obbligo di riservatezza;
-da 10 mila a 50 mila euro quando non sono stati istituiti canali di segnalazione, oppure non sono state adottate procedure di effettuazione e gestione delle segnalazioni oppure quando non è stata svolta attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute;
-da 500 a 2500 euro “nel caso di cui all’articolo 16, comma 3, salvo che la persona segnalante sia stata condannata, anche in primo grado, per i reati di diffamazione o di calunnia o comunque per i medesimi reati commessi con la denuncia all’autorità contabile o giudiziaria”.

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